Piattaforma di ricerca e volontariato sulla diversità a partire da ecologia e animalità
di Alessandra Colla
Domenica 8 febbraio, nella Messa mattutina a Casa Santa Marta, il pontefice Francesco ha detto fra l’altro: «Dio lavora, continua a lavorare, e noi possiamo domandarci come dobbiamo rispondere a questa creazione di Dio, che è nata dall’amore, perché Lui lavora per amore. Alla ‘prima creazione’ dobbiamo rispondere con la responsabilità che il Signore ci dà: ‘La Terra è vostra, portatela avanti; soggiogatela; fatela crescere’».
Si tratta di poche frasi, ma il carico significativo che esse contengono è immenso e dà ragione di millenni di storia dell’umanità — perché il messaggio cristiano-cattolico se è (almeno in parte) originale certamente non è originario, debitore com’è di un impianto ideologico-narrativo assai più antico.
Vediamolo rapidamente, questo carico, e auguriamoci di essere in grado di sopportarne il peso.
Leggiamo dunque che la «creazione di Dio (…) è nata dall’amore, perché Lui lavora per amore». È un concetto bello e nobile, che dovrebbe infondere fiducia e sicurezza — non è il sogno di tutti essere amati? E quando ci viene detto che a questa creazione « dobbiamo rispondere con la responsabilità» non possiamo fare a meno di provare un senso di legittimo orgoglio per la consapevolezza del valore che ci viene riconosciuto e, al contempo, della grandiosità del compito che ci viene affidato.
La doccia fredda arriva subito dopo — e non è piacevole, indipendentemente dal fatto che siamo in inverno: «La Terra è vostra, (…) soggiogatela». Come, come??? “La Terra è” di qualcuno?!? Mi state dicendo che quest’arancia azzurra sospesa nello spazio siderale, puntino in una galassia fra infinite galassie, “appartiene” cioè “è di proprietà di” qualcuno? E su questa base invitate/incitate questo “qualcuno” a soggiogarla?
Corro a vedere il significato di “soggiogare” sul buon vecchio Pianigiani, e leggo testualmente:
«soggiogàre, dal latino subjugàre composto di sub sotto e jugàre da jùgum giogo […]. Propriamente “metter sotto il giogo”; fig. “ridurre a soggezione, per forza di armi” — parola propria della milizia derivata dall’antichissimo uso di far passare i vinti sotto il giogo — e moralmente “sovrastare, esercitare impero, ascendente”».
Ma il Pianigiani oltre che buono è appunto vecchiotto, e allora vai col vocabolario Treccani:
«v. tr. [dal lat. subiugare «mettere sotto il giogo, assoggettare», comp. di sub “sotto” e iugum “giogo”] […]. – 1. Assoggettare, sottomettere; ridurre in potere proprio o di altri: Cesare soggiogò la Gallia, ma non riuscì a s. a Roma i Germani […]. Fig., dominare, sopraffare […]. 2. ant. o letter. Stare, essere posto al di sopra; sovrastare […] Part. pass. soggiogato, anche come agg., assoggettato, sottomesso: popoli, paesi soggiogati; domato, represso […]; fig., vinto, sopraffatto, o affascinato […]».
Di amore, qui, non vedo traccia: vedo possesso. Allo stesso modo, non vedo responsabilità — vedo arbitrio. E non posso non riandare con la mente a Genesi 9:1-7, là dove YHWH, all’indomani del Diluvio, così si rivolge ai superstiti:
«1 Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: “Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. 2 Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere. 3 Quanto si muove e ha vita vi servirà di cibo: vi do tutto questo, come già le verdi erbe. (…) siate fecondi e moltiplicatevi, siate numerosi sulla terra e dominatela”».
Ho sottolineato alcune parole che mi sembrano particolarmente significative per le loro implicazioni, neanche tanto sottese o sfumate: questo dio creatore conferisce ad alcune delle sue creature il potere assoluto sulle creature restanti, animate (tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare … Quanto si muove e ha vita) o inanimate (la terra … le verdi erbe). Il che introduce un elemento interessante: la suddivisione del creato in due settori distinti, due fattori il cui ordine non può essere invertito pena il ribaltamento dell’assetto planetario voluto da questo dio — “ciò che domina” e “ciò che è dominato”. Ne consegue che il dominio sulla terra e su ciò che contiene, vivente e non-vivente, spetta e compete all’uomo per dettato divino: chi mai oserebbe ribellarsi a questo che appare come un preciso volere del dio creatore, onnipotente e temibile nella sua infinita collera?
La risposta è più semplice di quanto sembri: certamente, non oserebbe ribellarsi nessuno che accettasse questa lettura dei fatti; altrettanto certamente, oserebbe ribellarsi chiunque la mettesse in dubbio — ossia tutti coloro che rifiutano l’idea di un dio padre-padrone che ha creato l’universo non già secondo etica bensì secondo capriccio, disponendo già da subito una gerarchia organizzata in creature di serie A e creature di serie B e cristallizzata al punto di rendere semplicemente inconcepibile un qualsiasi slittamento dall’uno all’altro livello.
Ora, coloro che rifiutano quest’idea esistono: si tratta, per dirla con Brecht, di quelli che «come moneta infida pesano le parole» (più rudemente, Russell afferma che «le persone intelligenti sono piene di dubbi mentre le persone stupide sono piene di sicurezza»); si tratta di quelli che nell’altro-da-sé non scorgono il pericolo, ma la diversità; di quelli che nel diverso non vedono stranezza da estirpare ma varietà da apprezzare; di quelli che riconoscono a tutto ciò che popola questo pianeta la naturale aspirazione a un posto dove stare, in sicurezza e dignità, fino alla fine del suo tempo; di quelli che rispettano i limiti, accettano la consapevolezza e assumono le responsabilità, senza demandare a nessun dio o a nessun intermediario diritti e doveri. Potete chiamarli “antispecisti”, se volete, o come altro vi pare — la cosa resta, sono i nomi che cambiano.