Piattaforma di ricerca e volontariato sulla diversità a partire da ecologia e animalità
di Nicola Zengiaro
(studente di filosofia presso l’Università degli Studi di Torino)
Il testo di Oscar Horta, professore di filosofia morale presso l’Universidad de Santiago de Compostela, si apre con una frase eclatante, posta nella prefazione di Leonardo Caffo al saggio, piccolo per dimensioni (68 pagine) ma non certo per contenuti, in quanto emblematica e pungente: «se l’antispecismo ha un senso, allora, dovremmo preoccuparci di ogni animale su questo mondo». Secondo tale prospettiva, si articolano le dimostrazioni all’interno del testo.
L’autore espone in dodici punti le tesi riguardo la definizione del riconoscimento morale degli animali, dimostrando con una solida razionalità perché si debba rifiutare lo specismo, definito come posizione che stabilisce il «discriminare chi non appartiene ad una determinata specie». Nei termini della sofferenza, come già Singer aveva messo in luce, si rileva la considerazione morale di un soggetto, cioè in base alla capacità di avere esperienze positive o negative. Il discorso si articola attorno agli esseri senzienti, coloro i quali per l’appunto sono dotati di sistema nervoso centrale, tanto sviluppato da provare sensazioni di dolore o piacere. Al centro del dibattito, come nel libro La questione animale della Cavalieri, si compara la sofferenza degli animali non umani con quella degli umani, sfatando la gerarchizzazione del senso comune attraverso due tesi che sono analiticamente corrette e, a mio modo di vedere, difficilmente confutabili.
La prima novità esclusiva sta nella dimostrazione che «il solo fatto che un essere sia vivo non risulta moralmente rilevante in sé». Ma la vera epifania di questo testo, appare nell’ottava tesi, nella quale si ha un contrasto tra l’ecologismo e la difesa degli animali, che riprende il sottotitolo del libro Al di là dell’ecologia. Horta mostra limpidamente le posizioni attuali degli ecologisti, divisi tra l’olistica, che dà un valore intrinseco alle specie o all’ecosistema congiunto; e la biocentrista, che valorizza tutti gli esseri viventi; per portare infine al rifiuto necessario di entrambe da parte degli antispecisti.
Per completare i punti di vista dei suddetti filosofi, Michela Pettorali, curatrice del libro in questione, pone l’accento all’interno della postfazione su questioni relative alla professione del veterinario, che è riconosciuto dalle istituzioni in quanto adempiente ad un ruolo funzionale della sanità pubblica (a favore della protezione umana dagli stessi animali che devono essere curati) e per contrasto, paradossalmente, come comportamento morale nella salvaguardia degli animali anche se «tale impegno non risulta affatto obbligatorio per legge».